Chiusura negozi la domenica: fra anacronismo e diritti dei lavoratori
11 Settembre 2018
Partiamo subito con lo sfatare il mito che in poco tempo il Governo Giallo/Verde possa intervenire, è pur vero che vi sono dei primi disegni di legge, ma il percorso parlamentare si profila lungo e complesso.
Premessa
Specifichiamo si da subito che non ci interessa entrare nel merito “politico” del discorso, su questo punto infatti si sta già ampiamente dibattendo e i rispettivi “tifi” sono già al lavoro sui social network, ognuno con le proprie valide argomentazioni. Quello che vogliamo invece fare è andare ad analizzare il contesto economico della normativa, un rapido ricapitolo storico per entrare poi nel merito della riforma prevista e la sua portata.
La liberalizzazione del 2011
Partiamo con il dire che l’orario di apertura dei negozi è stato liberalizzato nel 2011 dal Governo Monti e già all’epoca aveva suscitato ampio dibattito. All’epoca la domanda che ci si poneva e che ci si pone tuttora è infatti quanto sia lecito per gli esercenti, pur pagando il dovuto ai propri collaboratori, poter tenere aperte le proprie attività nei giorni e orari voluti.
Poniamoci una semplice domanda
Capiamo fin da subito che il centro della polemica non è l’aspetto meramente economico, ma un aspetto culturale, infatti storicamente la domenica nella nostra tradizione è legata al riposo e ai rapporti familiari, la domanda che vorremmo stimolare è se sia effettivamente ancora così. I nostri concittadini vedono ancora la domenica con un tale sguardo oppure in una società diventata globalizzata e liquida come la nostra un giorno fisso alla settimana di riposo “universale” non è più visto con gli stessi occhi dei nostri nonni?
Difficile dare una risposta univoca, ma ognuno la può dare a sé stesso, usando la propria sensibilità ed esperienza. Discorso diverso invece per gli aspetti economici, questi sono misurabili e riescono a darci un quadro esaustivo sugli aspetti occupazionale ed economici.
I primi numeri dell’occupazione e dell’indotto festivo
Facendo una rapida panoramica scopriamo che l’ecosistema delle attività commerciali aperte nei giorni festivi, generano 400 milioni di euro di movimenti legati al pagamento del lavoro straordinario ai lavoratori, con ripercussioni virtuose sia per l’erario che per le (magre) casse del nostro Istituto Previdenziale.
L’intero indotto del lavoro domenicale porta a 40mila posti di lavoro, che potenzialmente andrebbero in parte “bruciati” con la chiusura dei giorni festivi, certo una parte potrebbe essere riassorbita, ma a priori risulta difficile poter proporre delle stime affidabili.
Ma quanto incide il lavoro domenicale sul fatturato delle aziende?
I numeri sono tutt’altro che trascurabili, infatti i festivi e le domeniche lavorative influiscono per ben il 10% del fatturato, potenzialmente possiamo già avventurarci nell’affermare che difficilmente questa percentuale verrebbe riassorbita dall’apertura settimanale, infatti con il crescere del commercio elettronico (che almeno negli ordini non conosce riposo) il rischio è la migrazione di molti consumatori su queste forme alternative di commercio, con il rischio di andare anche ad intaccare il fatturato settimanale una volta che i grossi store telematici riescano a farsi conoscere dal grande pubblico, riuscendo a fidelizzarlo.
Ricordiamo che titani del commercio elettronico operano già nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata) e soprattutto nelle grandi città del nostro paese sono in grado di consegnare entro 4 ore dall’ordine, sabati e domeniche comprese) fino a mezzanotte.
Ma alla fine quanti italiani vanno al centro commerciale la domenica?
I dati parlano di un flusso di 12 milioni di persone nei centri commerciali nei giorni domenicali. Se nei piccoli agglomerati urbani i grandi player fisici non risentiranno della concorrenza del commercio elettronico, nelle grosse metropoli le ripercussioni per i negozi fisici potrebbero farsi sentire. Non sono pochi infatti i lavoratori che approfittano della domenica per fare la spesa settimanale.
Conclusione
Per concludere possiamo affermare che la chiusura festiva e domenicale non è tanto una decisione economica ma piuttosto sociale. Quello che ci domandiamo è se la nostra economia sarà in grado di mettere in campo opportuni ammortizzatori sociali in grado di tutelare chi perderà il lavoro, perché la dignità dei lavoratori passa dai diritti, il diritto ad una buona qualità di vita ma anche il diritto ad una congrua busta paga.