I veri motivi dietro alla fattura elettronica: intervistiamo il Dott. Pietro Minnella
9 Ottobre 2018
La fattura elettronica è vicina, vari articoli in rete trattano questo argomento in maniera più o meno esaustiva, senza però porsi alcune domande fondamentali: perché il nostro legislatore ha imposto tempi di adozione tanto stretti? Perché proprio il nostro paese è fra i primi in Europa e nel Mondo ad adottare questo sistema?
Ne parliamo con il Dott. Pietro Minnella socio fondatore e CEO delle FEI & PARTNERS, società di consulenza formata da commercialisti, esperti in comunicazione e programmatori. Una forma inedita di consulenti che ci possono aiutarci a fare luce su questo nuovo obbligo ponendolo sotto una diversa prospettiva.
Dottore, una domanda diretta: perché l’adozione della fattura elettronica in tempi tanto rapidi?
Per rispondere alla domanda dobbiamo paradossalmente fare un passo avanti e chiederci cosa vuole ottenere il legislatore. La risposta è rivoluzionaria nella sua semplicità, recuperare più di 35 miliardi di IVA non versata, che rappresenta il 2% del nostro PIL. Attualmente in momenti di crisi il legislatore cerca di reperire risorse da destinare alla crescita, non potendo più alzare l’imposizione fiscale oltre una soglia già critica. Tenta di recuperarle andando a combattere l’evasione fiscale, ottimizzando i propri processi e tagliando i costi dove possibile (per il taglio dei costi però si aprirebbe un capitolo a parte che meriterebbe ulteriori approfondimenti).
Molti si lamentano che la fattura elettronica è stata imposta con tempi di adozione troppo brevi, cosa ne pensa?
In realtà la fattura elettronica è presente da diversi anni ed è parte di un percorso di dematerializzazione della Pubblica Amministrazione in corso da diverso tempo.
Basti pensare che dall’inizio del nuovo millennio le dichiarazioni dei redditi cartacee sono sparite a favore di invii telematici, le Camere di Commercio hanno adottato la ricezione solo elettronica delle pratiche e dei bilanci, senza contare che dal 2013 si è introdotto l’obbligo di emissione della fattura elettronica nei confronti della Pubblica Amministrazione.
In realtà il problema della fattura elettronica rientra in una generale arretratezza tecnologica delle nostre aziende e (devo fare una piccola autocritica) dei consulenti che le seguono.
Nel nostro paese si è sempre guardato all’automatizzazione dei processi aziendali con scetticismo, il motto è troppo spesso “si è sempre fatto cosi”, questo è un errore sia a livello competitivo che a livello concettuale. Occorre fare di necessità virtù, trasformando quello che sembra un mero obbligo in una opportunità competitiva, che permette di organizzare meglio e in maniera moderna le nostre aziende.
Ha parlato di autocritica, dove hanno sbagliato i commercialisti in questi anni?
Non mi sento di parlare di errori ma di mancanza di tempo e di visione nel lungo periodo. Da troppi anni sui commercialisti si sono riversate sempre più incombenze, scadenze e oneri, il tutto senza controbilanciare il lavoro con un aumento dei costi. Tutto questo ha portato i professionisti a concentrarsi principalmente sull’aspetto fiscale andando a “disertare” la loro reale vocazione che è quella di guida aziendale. Ora il commercialista è visto come un proseguimento dell’Agenzia delle Entrate, quando in realtà è il compagno dell’imprenditore, lo deve affiancare nelle decisioni strategiche, studiare con lui il mercato e definire una politica comune, in concertazione. Personalmente sono felice della fatturazione elettronica e del fatto che farà sparire gran parte della contabilità automatizzandola.
Ma non è un controsenso dire che sarà felice della scomparsa della contabilità quando molti Studi hanno la loro principale fonte di reddito proprio da quel canale?
No, non è un controsenso ma una presa di coscienza che mi porta a vedere il mondo sotto occhi diversi, non è il mondo che deve restare arretrato per agevolare i commercialisti, ma sono i commercialisti che hanno il dovere di evolversi offrendo servizi di valore al passo con i tempi.
Con la FEI & PARTNERS abbiamo intrapreso un percorso inedito, non più commercialisti “solitari”, che quando va bene si univano ad Avvocati o Consulenti del Lavoro. Ovviamente queste figure le abbiamo nella nostra struttura e sono preziose ma sono state integrate da figure nuove per questo mondo, come esperti informatici, in comunicazione e commerciali.
Informatici e comunicazione insieme a commercialisti?
Si, perché le esigenze e la complessità della pubblica Amministrazione è aumentata e non è più possibile pretendere che il singolo commercialista abbia tutte le competenze, anche tecnologiche per seguire realmente un’azienda. Fino a solo 15 anni fa non si parlava di PEC, fattura elettronica, invii telematici, conservazione sostitutiva e molti altri obblighi che sono più vicini al mondo dell’informatica che al mondo della fiscalità.
Nella mia ottica di consulenza il cliente deve essere realmente seguito, e non solo nei confronti del fisco, ma in tutta la vita aziendale. Vorrei che l’impresa che rappresento sia vissuta dall’imprenditore come la propria isola felice dove trovare la giusta soluzione per tutti i suoi problemi. Fiscalità, consulenza ma anche ottimizzazione della propria infrastruttura, come servizi di segretariato remoto per la sua attività, ottimizzazione gestionale e tecnologica e molto molto altro. Il nostro non è un progetto statico ma un’idea in continua evoluzione ed espansione.
Ma con i prezzi in continua contrazione come pensa di attrarre clienti?
Mi spiace dirlo in maniera cosi diretta, ma è essenziale che il cliente abbia le idee chiare per evitare fraintendimenti: chi pensa solo al risparmio fine a sé stesso non venga da noi.
Crediamo nel risparmio da offrire al nostro cliente, ma grazie al nostro lavoro, all’ottimizzazione che possiamo offrigli e alla soddisfazione che riusciamo a trasmettergli.
Un imprenditore che pensa invece al solo risparmio immediato senza una visione globale e si affida ad un consulente solo guardando al prezzo immediato non è un nostro potenziale cliente, e a nostro modesto parere è destinato a chiudere in pochi anni, soprattutto alla luce delle complessità tecnologiche e fiscali che i prossimi anni ci aspettano.
Io ragiono sul “come posso far crescere il mio cliente?” non sulla guerra dei prezzi che in realtà arreca danni al cliente stesso.
Ringraziamo il Dott. Pietro Minnella per l’intervista, e vi invitiamo a contattarlo nel caso di ulteriori domande